CRITICA 7 - GADDA WALTER - Pittore

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CRITICA 7

CRITICA

Testo critico di Vittoria BROGGINI
maggio-giugno 2011
 
Il lavoro di Walter Gadda da tempo si concentra sulla ridefinizione della pittura, attraverso un lungo percorso di ricerca sul colore, sulla superficie e sull’oggetto.
L’artista procede nel suo operare attraverso una continua riduzione e concentrazione della materia pittorica, costantemente costretta al confronto e al dialogo con materie plastiche e industriali: materiali che, dal punto di vista storico e del progresso, hanno a poco a poco costruito l’ambiente e il paesaggio “artificiale” nel quale oggi viviamo. Sono infatti pigmenti, gommapiuma e pellicole di  plastica a comporre l’oggetto artistico che, con grande tensione, spinge in direzione di una ricercata ed intensificata visività. L’artista ripropone così la questione di una pittura essenziale e concettualmente autonoma che pone al centro il concetto di “percezione”.
Quest’ultima viene ricondotta al significato originario della parola greca che la designa, e cioè aìsthesis, non a caso radice etimologica del termine-concetto “estetica”. La materia plastica e quella pittorica, come Gadda le tratta, rispondono in modo ricettivo alla luce, allo spazio, allo sguardo dello spettatore, costruendo una sorta di “orizzonte concreto di percezione”. Concretezza dovuta non solo e non tanto all’oggettualità estetica dell’opera, ma anche e soprattutto a quella qualità sensuale e calda, propria del colore, che Gadda imprime al materiale industriale.
L’opera di Gadda  ha una vocazione spaziale molto forte forse per via della sua parentela con quelle “strutture primarie” che in scultura equivalgono a dire Robert Morris, Carl André e in pittura, per citarne solo alcuni, Robert Ryman e Ad Reinhardt. L’artista, inoltre, mette in discussione la bidimensionalità del quadro potenziandone le qualità spaziali e tattili.
Non è un caso che la ricerca sulla superficie cromatica (che, in alcuni casi, raggiunge il cosiddetto “total black”), coniugata all’analisi delle forme minimali e al loro rapporto con lo spazio, abbia portato Gadda non solo a trasformare la bidimensionalità della superficie ma anche a disporre l’opera sul pavimento, includendo l’orizzontalità e lavorando sulla nostra percezione per una ricollocazione di senso dell’opera e della pittura.
Gadda così – tramite un’operazione di “recupero” -  rinviene anche una dimensione a cui l’arte antica perveniva per la via – diversa ed oggi impraticabile – dell’assolutizzazione dell’esperienza “naturale”: una dimensione che, senza enfasi, potremmo definire di “nuova classicità”.


grande blu - 2011 - cm- 150x150





figure in rosso - 2011 - cm- 150x150

 
 
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